Quando le statue salvano gli uomini

La notizia è di quelle che suscitano un po’ di divertita curiosità. Poche righe di un comunicato stampa che potevamo leggere nel sito dell’ANSA fino a qualche giorno fa, oggi senz’altro dimenticata.

In Olanda, nei pressi della linea ferroviaria di Spijkenisse, vicino a Rotterdam, nella notte tra l’1 e il 2 novembre, un treno della metropolitana deraglia col solo conducente a bordo. Il treno arriva ad oltrepassare i limiti mentre attraversa un ponte e sfonda la barriera protettiva oltre i quali c’è il mare. La notizia è che non si verifica nessuna tragedia.

Sembra quasi una non notizia.

Poi finalmente scopriamo che il treno non ha nemmeno un graffio perché a salvarlo, tenendolo sospeso nel vuoto, c’è una scultura monumentale in plastica che riproduce le forme di un’enorme coda di pesce.  È un miracolo senza dubbio! Di quei miracoli che ogni tanto ci propone l’arte e di cui non sempre ci accorgiamo. L’installazione artistica è opera dell’architetto e artista Maarten Struijs ed è stata eretta nelle acque del fiume Mosa nel 2002, alla fine dei binari della stazione.

È interessante però, non tanto e non solo lo scampato pericolo dell’uomo, ma il fatto in sé. Lo è ancor di più in tempi di grandi proteste contro l’arte e contro le immagini come abbiamo visto in questo difficile 2020. Dopo i fatti di questa estate e l’uccisione di George Floyd infatti, tutti noi ricordiamo le molte proteste, le distruzioni, gli atti di violenza e le manifestazioni contro i monumenti perpetrate non solo in America ma anche qui da noi in Italia.

Delle proteste contro i monumenti ne hanno parlato televisioni, giornali, intellettuali di altissima levatura e gente comune. Per una volta – sculture altrimenti invisibili – hanno attirato l’attenzione mediatica scatenando le solite divisioni in fazioni pro e contro.  Le immagini impresse in quei marmi o in quei bronzi sembravano essere il nemico numero uno della democrazia.

Questo era almeno lo slogan di entrambe le fazioni. Tanto che sempre in America, gruppi di sovranisti preoccupati per la festa del Columbus Day si sono messi a difesa dei monumenti rimasti, armati fino ai denti, contro coloro che lamentano la loro presenza in quanto metafora della lunga storia di prevaricazioni di cui si fanno portavoce.

Un monumento si sa, non può essere anonimo. Un monumento ha da sempre il compito di portare a futura memoria fatti, persone o eventi del passato e dunque in quanto tale è da sempre un oggetto che non passa inosservato. A meno che non sia anche scialbo, formalmente già “vecchio” o semplicemente bruttino.

Per fortuna, nessuna di queste opzioni sono rintracciabili nella scultura olandese. Intanto perché abbiamo a che fare con uno scultore e architetto assai riconosciuto e abile nel suo lavoro. Poi perché la scultura in questione è molto poco aulica in quel suo essere fatta in plastica e infine è il suo rendere omaggio non a fatti storici o a gesta eroiche ma all’universo marino a renderla manifesto di qualcos’altro.

La sua mole s’impone alla vista richiamando quel mare che rischia ogni giorno di soffocare sotto le isole di spazzatura con montagne di plastica presenti negli oceani tuttora galleggianti più o meno da qualche parte nel Pacifico.

Una scultura che si alza dal mare per arrivare a dare un metaforico colpo di pinna di 10 metri d’altezza, salva un treno reggendone il peso con la gentilezza di un gigante buono. Tiene sospeso tutto e salva l’uomo. Una scultura. E per di più in plastica che è lì da quasi vent’anni!

L’autista sceso dal treno sulle sue gambe, è stato portato all’ospedale per pura formalità, ma non ha subìto alcuna lesione. Non è difficile che in queste ore stia pensando che l’arte salva la vita e che lui, se vogliamo, ne ha le prove!

 

Matilde Puleo