Continuano a chiamarla “la” ma Giorgia Meloni è “il” Presidente del Consiglio

di Andrea Giustini

A qualcuno ha fatto spuntare punti interrogativi in testa. A qualcun altro ha suscitato una risatina. Mentre ad altri ancora, cioè, scusate, “altre” ancora (se non le si sottolinea nel plurale neutro si infervoriscono ancor di più), in particolare a donne che si dicono “di sinistra”, ha fatto sputare una bella fiammata draghesca di rabbia. Ma c’è poco da fare. Giorgia Meloni ha infatti scelto di non essere appellata come “la” Presidente: ma invece come “il” Presidente del Consiglio. E’ il segno della vittoria del “patriarcato”? E’ qualche bicchiere di troppo del famoso lambrusco di Berlusconi?

Non è in realtà cosa nuova. E’ da quando iniziò a ricoprire la carica di Segretario del suo partito, Fratelli d’Italia, che la prima donna nella storia italiana ad aver conquistato Palazzo Chigi si fa chiamare “il” Presidente: e non “la”. Lo si evinceva dai comunicati ufficiali, dai post informativi sulle piattaforme social, e infine dai documenti che il neo Presidente firmava di suo pugno. Doveva quindi essere già noto “il suo stile”: a politici come a giornalisti. Eppure è da venerdì che a destra, e soprattutto a manca, si continua a riferirsi a lei come “la” Presidente.

Venerdì, sulla propria pagina facebook, un imbronciato Enrico Letta faceva forzatamente gli auguri “alla Presidente Giorgia Meloni”. Ieri, raccontando le fasi del Giuramento, su La Stampa si leggeva “La Presidente del Consiglio entra nel Salone delle Feste del Quirinale“. E così anche oggi, sui maggiori quotidiani. Repubblica ad esempio, a pagina 3: “La Presidente del Consiglio non ha margini per fare davvero politica“. Da notare che oggi questo quotidiano ha pure dedicato un trafiletto proprio alla “questione linguistica” del caso Meloni, a firma di Matteo Pucciarelli.

Per carità: non che sia “sbagliato” dire “la”. Del resto l’Accademia della Crusca, chiamata in causa da Adnkronos, ha ammesso che “i titoli al femminile sono legittimi”. «E’ giusto dire ‘la’ presidente (eviterei la presidentessa) – ha dichiarato il Presidente Claudio Marazzini -, ‘la’ premier (ma se possibile eviterei l’inutile forestierismo), ‘la’ prima ministra. Chi usa questi femminili accetta un processo storico ormai ben avviato» (anche se da questo non segue certo che per l’Accademia “la” sia il modo migliore con cui definire Giorgia Meloni, come ha scritto Adnkronos al primo rigo del pezzo).

La sensazione è che sia un po’ il segno di una battaglia ideologica in atto, come al solito. O forse sarebbe meglio dire battaglia infantile. Si perché questo continuo forzare “identity politics”, come le si chiama in USA, anche nelle virgole, ed anche quando non c’è la minima traccia di discriminazione o maschilismo, e nemmeno di quel grande complotto immaginario chiamato “patriarcato”, suona un po’ infantile, più che civile. Ricorda tanto il maschi contro femmine che si imbastiva all’asilo.

Rimane però aperta una domanda: perché Meloni ha scelto “il” e non “la”? La risposta è tanto semplice quanto “istituzionale”. Non è perché, come narra demagogicamente qualcuno, Giorgia Meloni aderisce ai valori maschilisti o patriarcali, sacrificando la propria identità di donna. Non è perché è “omofoba”, “razzista”, “retrograda”, “fascista” e tante altre etichette denigratorie. Ma perché ha studiato. Il Presidente del Consiglio è un organo monocratico di rilevanza costituzionale, istituito dalla Costituzione. Come tale non è né maschio né femmina: è proprio sciocco sollevare la questione di genere in questo caso. Preferendo “il” a “la”, Meloni mostra solo di anteporre il rispetto per questa istituzione all’affermazione della propria singola personalità.